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Lettera #4 Dal caro petrolio alla Russia agricola di Putin

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A cura di
RadioBorsa


Per i mercati azionari la settimana passata è stata tutto sommato positiva, a parte il Giappone dove la nomina come premier di Fumio Kishida ha un po’ deluso chi si aspettava, invece, il più giovane e riformista Taro Kono alla testa del Paese. 

Non è facile svecchiare uno dei Paesi con la popolazione più anziana del mondo e vedremo ora Kishida cosa farà.

Questa settimana segna l’inizio della stagione delle trimestrali. Rispetto al terzo trimestre del 2020, i mercati si attendono utili in crescita del 30%.

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Tra le fonti di preoccupazione presenti e future gli investitori temono la prospettiva di un ridotto supporto monetario da parte delle banche centrali, le interruzioni della catena di approvvigionamento, le pressioni inflazionistiche e il forte aumento dei prezzi delle materie prime, in particolare il petrolio e il gas cui dedichiamo i prossimi approfondimenti, visto che si inizia a parlare di un possibile shock energetico.

Il greggio statunitense è salito a un massimo di sette anni a 81,50 dollari al barile, portando il suo aumento dalla fine dello scorso ottobre a oltre il 120%

Se questo livello sarà retto a fine settimana sarà la prima volta che il benchmark petrolifero statunitense chiude sopra gli 80 dollari al barile dall’ottobre 2014, quando la rivoluzione dello shale oil ha innescato un crollo pluriennale dei prezzi dei combustibili fossili.

La carenza di energia a prezzi accettabili sta rallentando l’attività delle fabbriche in tutto il mondo e contribuisce a una recente ripresa dell’inflazione. 

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