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Lettera #70 Il caso Credit Suisse: non ci si può più fidare neanche della banche svizzere

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A cura di
RadioBorsa

La pazienza degli investitori è continuamente messa alla prova e quanto accaduto nel fine settimana fra Zurigo e Berna ha accentrato l’attenzione degli investitori.

“Se non ci si può più fidare di un banchiere svizzero, dove va il mondo?” si domandava James Bond nel diciannovesimo film della saga dell’agente 007 intitolato “Il mondo non basta”.

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Il salvataggio questo fine settimana della seconda banca svizzera, Credit Suisse (una delle 30 banche di importanza sistemica in tutto il mondo), per opera della prima, UBS, se da una parte è apparsa una mossa obbligata per evitare che questa settimana l’effetto “corsa agli sportelli” diventasse qualcosa di drammatico e contagioso a livello globale, dall’altra ha creato non pochi malumori e dubbi, visto che evidentemente se si è arrivati a questo punto qualcosa nella rete di protezione e dei controlli non ha funzionato nell’apparente super efficiente Svizzera. 

Per trovare una soluzione al dossier Credit Suisse, diverse regole e consuetudini, infatti, sono state violate da parte delle autorità svizzere e se è vero che il fine giustifica i mezzi, nel capitalismo finanziario moderno il rispetto dei contratti, delle regole e dei patti non è un elemento che si può trascurare, poiché la fiducia è essenziale ancora di più quando si parla di banche e stabilità finanziaria. 

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Come è noto, UBS su pressione delle autorità svizzere ha acquisito Credit Suisse per 3 miliardi di franchi svizzeri e ha ottenuto, inoltre, una garanzia della Confederazione di 9 miliardi di franchi svizzeri che sembra potrà valere fino a 35 anni. 

La BNS (Banca Nazionale Svizzera) ha accettato poi di concedere a UBS una linea di liquidità da 100 miliardi di dollari. Ed è nato così un nuovo gigante bancario nel continente europeo con un patrimonio totale di 1,7 trilioni di dollari, più del doppio del prodotto interno lordo svizzero.

Per consentire questo salvataggio, le autorità svizzere hanno deciso che l’operazione si sarebbe realizzata senza coinvolgere alcun azionista per ridurre i tempi e le incertezze sull’approvazione dell’operazione. E annullando di fatto il diritto della concorrenza, abolendo tutte le restrizioni. Di fatto, gli azionisti sono stati “espropriati” e hanno scoperto che le loro azioni erano state valutate nel concambio con UBS un 60% in meno dell’ultima quotazione di venerdì e che era quasi un -80% in meno di quella di un anno fa.

Ma non solo. I detentori delle obbligazioni AT1 (circa 15 miliardi di franchi svizzeri in circolazione) di Credit Suisse hanno appreso nella serata di domenica che i loro bond, secondo le autorità regolatorie svizzere, non valevano più nulla.

UBS rileva così una banca che dispone di un patrimonio netto significativamente superiore ai circa 45 miliardi di franchi dichiarati da Credit Suisse alla fine del 2022.

Le obbligazioni AT1 sono state introdotte dopo la crisi finanziaria del 2008. Hanno lo scopo di formare una riserva aggiuntiva di patrimonio. I titoli (per questo vengono definiti anche “ibridi”) vengono convertiti in azioni o cancellati quando i coefficienti di una banca scendono al di sotto di determinate soglie e secondo una certa gerarchia che vede prima rispondere gli azionisti con il proprio capitale e poi successivamente gli obbligazionisti “junior” (i titolari dei bond del tipo AT1 e più in generale dei Co.Co. Bond) e poi eventualmente i “senior”, ovvero i titolari di obbligazioni non subordinate.

I bond AT1 (o CoCo bond) sono obbligazione perpetue e progettati per essere trasformati in azioni quando le riserve di capitale di un prestatore vengono erose oltre determinate soglie. Sono quindi più rischiosi (non garantiscono cedole e/o restituzione del capitale) e naturalmente per questo motivo devono offrire dei rendimenti maggiori e sul mercato il rendimento netto incorporato di questi titoli ha superato in questi giorni il 10% annuo.

Il regolatore svizzero del mercato finanziario Finma ha deciso domenica sera che i bond AT1 del Credit Suisse sarebbero stati completamente cancellati. Lo ha giustificato con il “sostegno statale straordinario” nel corso dell’acquisizione da parte di UBS e questa clausola di azzeramento “speciale” sta facendo discutere, perché è un opzione che nei prospetti dei bond di Credit Suisse era sì potenzialmente prevista, ma è dubbio, secondo diversi specialisti, che potesse essere utilizzata in questo modo. 

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