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Lettera #1 Le Borse e la sindrome cinese

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A cura di
RadioBorsa

Che i mercati possano salire ma anche scendere e prendersi delle pause e ogni tanto anche delle piccole e grandi sberle, non è una novità.

I mercati finanziari possono regalare grandi gioie ma anche grandi dolori e per come è costruito il nostro software ovvero il nostro cervello le perdite anche temporanee valgono il doppio dei guadagni ed è bene non dimenticarsi mai le 5 principali regole del “gioco” che è bene ogni tanto ricordare.

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Hai mai sentito parlare del “butterfly effect” quello secondo cui un battito d’ali di una farfalla in Brasile può scatenare una tempesta in Texas?

I mercati finanziari si trovano ad affrontare questa settimana un classico evento farfalla: il bubbone Evergrande, la principale società immobiliare cinese che rischia di diventare insolvente, ovvero di non riuscire a pagare i propri fornitori, le banche e gli obbligazionisti che hanno finanziato la società, gli azionisti e i suoi stessi clienti.

Con quali rischi? Evergrande potrebbe infettare non solo il mercato finanziario cinese ma a cascata fare altre vittime che non c’entrano niente. Il crollo del colosso immobiliare cinese ha provocato lunedì 20 settembre la discesa dei prezzi in Borsa delle aziende che vendono lusso, producono ferro e per contagio pure bastoncini di pesce e Bitcoin (-10%). 

Una bella patata bollente per il governo cinese da gestire poiché si stima che questa società abbia accumulato almeno 300 miliardi di dollari di debiti.

Nel corso dell’anno il titolo Evergrande ha perso l’80% del valore di Borsa e ci sono in Cina molti investitori infuriati anche perché per anni questa società è stata considerata “troppo grande per fallire”. 

Più tardi il governo cinese interverrà maggiore è il rischio di contagio poiché in Cina la percentuale di finanziamenti che arrivano dalle prevendite degli immobili è in media del 50% e per il resto gli immobiliaristi si fanno finanziare dal mercato tramite obbligazioni o ricorrendo al credito bancario. 

Se i cantieri si fermano, le famiglie non acquistano nuove case per paura di perdere i loro soldi dati per gli anticipi, chi ha già pagato si infuria, i fornitori non vengono pagati, le banche iniziano a erogare credito agli immobiliaristi con il contagocce e i titoli quotati crollano. Una bella spirale. 

Xu Jiayin, il fondatore della società immobiliare Evergande, ex contadino, figlio di un soldato in pensione dell’Esercito Popolare di Liberazione  ancora il 1° luglio era nell’Olimpo del potere cinese e festeggiava il centesimo anniversario del Partito Comunista Cinese.

La sua società ha investito anche nelle auto elettriche e nei servizi internet oltre che sul calcio come ogni nuovo “bravo” miliardario cinese con la squadra del gruppo allenata da Marcello Lippi in passato e ora da Fabio Cannavaro. 

Favorito da un controllo governativo molto leggero e da una tassazione praticamente assente sulle proprietà immobiliari, negli anni il real estate cinese è cresciuto nel passato a ritmi vertiginosi quando si costruivano intere città puntando sull’urbanizzazione e la fuga dalle campagne. 

Ora il governo cinese si trova a gestire questa patata bollente che è scappata di mano al suo fondatore e le autorità cinesi possono se vogliono evitare una catastrofe anche se sono combattuti fra etica (frenare la speculazione immobiliare) e real politik (evitare un effetto domino negativo a catena). 

Ovviamente Pechino, che esercita la massima influenza su un settore bancario quasi interamente di proprietà statale, può emettere un ordine in qualsiasi momento per salvare Evergrande ma deve anche salvare la faccia dopo che aveva stretto le viti e si trova nella difficilissima situazione di salvare capra e cavoli. 

Xi Jinping si trova a misurarsi nell’immediato con il ballo del mattone. “Non bruciare la casa per spaventare il topo” recita un proverbio cinese. Vedremo Xi Jinping, il fustigatore di costumi, quale strada sceglierà nel caso Evergrande. 

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