Numerose società e banche stanno emettendo titoli obbligazionari e con tassi d’interesse apparentemente ghiotti e lo stesso Stato italiano è un grande e fantasioso collocatore di titoli del debito pubblico. Quest’anno il Tesoro dovrà rifinanziare 320 miliardi di euro di debito pubblico e già la metà è stata raccolta. E se è vero che l’inflazione oggi continua a mordere e viaggia in Italia ancora intorno all’8%, le previsioni del mercato sono di una discesa addirittura sotto al 3% a fine 2024, secondo l’Ocse.
Siamo così passati dai Bot e Cct al BTP classico, poi quello Italia (agganciato all’inflazione), poi è entrato anche nella gamma il BTP Futura e ora il BTP Valore che ne riprende il meccanismo di indicizzazione, ma cambiando durata e denominazione, anche perché il Futura si è rivelato una delusione per i sottoscrittori, visto quello che è poi accaduto sul fronte dei tassi d’interesse che si sono innalzati verso l’alto e con una velocità che non si vedeva da decenni. Veleno per chi detiene obbligazioni soprattutto a tasso fisso e con durate lunghe.
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Quali le variabili da considerare quando si investe sul mercato obbligazionario? Perché le obbligazioni scendono? Come si dovrebbe valutare un titolo che mi vuole collocare il mio Stato o la mia banca? Quali confronti fare? Perchè dovrei preferire magari un portafoglio di titoli che rendono il 4% e non uno più ghiotto che offre come rendimento (a parità di durata) l’8%?
Nell’audio di oggi cercheremo di dare seguito a tutte queste domande.
Intanto, un accordo di massima sembra essere stato raggiunto negli Stati Uniti tra il presidente Joe Biden e il suo omologo repubblicano alla Camera dei rappresentanti, Kevin McCarthy, per trovare un terreno comune per aumentare il tetto del debito federale.
Il tetto del debito rappresenta il limite posto dal Congresso degli Stati Uniti all’ammontare di prestiti che il governo americano può accumulare. È stato introdotto nel 1917 e dagli anni ‘60 in poi è stato ritoccato quasi 80 volte (!) raggiungendo il limite attuale di 31,4 trilioni di dollari (circa il 120% del Pil americano).
Come italiani, abbiamo certo poco da stupirci del debito pubblico a stelle e strisce e dei loro rituali, perché il nostro debito pubblico in versione tricolore è, facendo le debite proporzioni, ben superiore viaggiando sopra i 2800 miliardi di euro e in proporzione al Pil (ovvero il valore della ricchezza annua prodotta) è di circa il 144%.
Nell’Unione Europea, a livello di rapporto debito-Pil, soltanto la Grecia, con il suo 171,3%, fa peggio dell’Italia, mentre al terzo posto degli Stati più indebitati c’è il Portogallo (con un 113,9%), seguito da Spagna (113,2%) e Francia (al 111,6%).
Di debito pubblico e mercato dei titoli di Stato e quindi di mercati obbligazionari, si parla molto in queste settimane, anche perché il Tesoro italiano è in procinto di collocare da settimana prossima un nuovo BTP denominato questa volta Valore destinato ai risparmiatori individuali e affini con scadenza 4 anni, rendimenti fissi crescenti nel tempo e un premio extra finale di fedeltà (per chi lo deterrà sino alla scadenza) pari allo 0,5% calcolato sul capitale investito e corrisposto a scadenza.
I titoli di stato italiani non sono come alcuni li raccontano né una Sodoma e Gomorra per gli investitori, né il Paradiso.
Se li confrontiamo con la media di tutti i titoli governativi europei in questi ultimi 10 anni si sono comportati persino meglio come rendimenti e persino come drawdown (massima perdita nelle fasi più avverse) grazie ai rendimenti offerti più generosi di quelli di altri Paesi.
Nell’ultimo decennio il rendimento medio annuo composto dei titoli di Stato e governativi europei si è aggirato intorno allo 0,48% annuo (tenendo conto sia delle cedole che del prezzo attuale dei titoli), mentre quello dei BTP è stato di oltre un punto superiore, l’1,75%.
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